Anno costruzione: –
Anno progetto: 2024
Stato: Concorso
Posizione: Viale Cristo Rey, 2. 23400 Úbeda (Jaén)
Promotore: Ayuntamiento de Úbeda
Architetto: Pablo M. Millán Millán; Santzo arquitectos
Contributori: Javier Serrano Terrones (Architetto tecnico); Pilar Aragón Maza (Restauro); Enrique Sánchez-Molina Verdú (Ingeniero); Andrés Jódar Sánchez (Archeologia); David Vera García (Architetto); Cristian Castela González (Architetto).
Costruzione: –
Il progetto è il risultato di uno studio approfondito della sua storia e degli interventi in essa realizzati. La ricerca di un intervento unitario, rispettoso e generoso con il patrimonio costruito.
Con questa proposta si propone un intervento nel profondo rispetto della struttura, della matericità e delle proporzioni originarie dell’edificio, valorizzando alcuni elementi architettonici dello stesso, attraverso una pura sequenza spaziale che distingue l’intervento dall’originale, nascondendo il supporto tecnico del edificio.
Il risultato di questa ricerca è la creazione di un nuovo elemento d’arredo, che risolve tutte le esigenze tecniche e di installazione, come una parete attrezzata. Questa soluzione, flessibile e adattabile alle circostanze del patrimonio edilizio, consente di unificare i criteri di intervento su tutto l’edificio – evitando così la comparsa di molteplici soluzioni sconnesse – e di adattarsi a quei punti con singolarità costruttiva o materiale. Ciò consentirà di introdurre e disporre nuove reti e apparecchiature per migliorare l’efficienza dell’edificio, senza intaccare o alterare l’integrità delle pareti e dei solai esistenti, e quindi rispettando gli elementi che compongono l’edificio. Poiché comprende sia la Carta di Cracovia (2000) che la Carta Restauro del 1987.
Questa doppia pelle si sviluppa parallelamente alle pareti esistenti, senza raggiungere l’altezza libera della stanza. Ciò permette di riconoscere, oltre alla sua materialità, la differenziazione tra gli elementi originari e la prestazione realizzata. Inoltre, la sua costruzione leggera ne garantisce l’eventuale reversibilità in caso di necessità, rispettando così l’articolo 10 della Carta di Cracovia (2000) in cui si postula la “possibilità di un’eventuale reversibilità”.